NOLE SLAM THANK YOU MA’AM

Gli US Open numero 141, che partono il 30 agosto, non sono solo l’ultimo major del 2021.
L’opportunità per Novak Djokovic di realizzare una delle imprese di questo secolo sportivo è anche la stazione (finale, decisiva) di un’epoca.
Il Grande Slam annuale, un numero assoluto, storico, e il sorpasso al Fedal – a quota 21 – si affastellerebbero a una situazione di transizione eterna.
Per una volta, al termine del Federerismo, le luci della ribalta se le merita tutte quello che fu – al principio – il terzo uomo.
Oggi, un uomo solissimo (..) al comando.
Pensieri sparsi, nuvolette di idee, provando disperatamente a separare la realtà – tecnica – dal rumore bianco del wikipedismo.

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Si arriva al Queens con un vissuto ATP bipolare.
Otto mesi di circuito che hanno sottolineato le differenze tra il tennis Slam, tre su cinque (e tabelloni autostradali), con il resto dell’offerta.
Non un caso – forse – che Djokovic potrebbe chiudere il cerchio laddove, un anno fa, perse la trebisonda (e regalò un major..) in quell’ottavo (assurdo) contro Pablo Carreno Busta (che tornerà in questo racconto..).
Nole, leggendo le viscere del 2021, gli avversari (del suo livello) al passo d’addio (Roger Federer) o usuratissimi (Rafa Nadal), si è concentrato su quattro eventi (più uno).
Melbourne, Parigi, Londra, Tokyo (ahi..) e New York.
Perché – of course – poteva ancora permetterselo.

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Il margine tra il serbo e quelli della cosiddetta Next Gen, con la generazione di mezzo a mo’ di Godot, è parso evidentissimo down under.
Aussie Open gestiti da fuoriclasse, quelli della bolla di febbraio: la finale contro Daniil Medvedev, un esempio del metodo Nole.
Che opposto a un incontrista di livello eccelso, e una palla pesante (in teoria, ideale per metterlo in difficoltà), aveva mostrato il suo meglio.
Nel primo set, la chiave del match e del torneo, smontava la rimonta del russo negandogli punti comodi alla battuta.
Risposta de luxe e colpi profondissimi, una lucidità tattica che rivelava i vuoti di sceneggiatura (mentali) dell’Orsetto.
Una lezione.

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L’impresa del ’21 di Djokovic è stato il Roland Garros.
Approccio al rosso, due su tre, di prova e Parigi in crescendo.
Dopo i brividi italiani, opposto a Lorenzo Musetti e a Matteo Berrettini, negli ottavi e nei quarti, il duello col proprietario (legittimo) del Philippe Chatrier: Rafa Nadal.
Quattro parziali per chiudere un cerchio aperto un pomeriggio del 2009, a Madrid nella Caja Magica, in quella semifinale manifesto (mostruoso) del robotennis.
Novak – finalmente? – sgretolava il minotauro, togliendolo dalla sua (ampia, sul mattonato) comfort zone.
Aggressivo negli scambi medi, tra 4 e 7 colpi, fondamentali nell’incalanare la partita verso Belgrado (..).
Anche i 18 drop shot nei primi due set aiutavano la tattica del numero uno che, per la prima volta contro il vero Rafa terraiolo (non quello del 2015..), comandava la contesa spegnendo piano piano il rivale.
Che chiudeva male, sulle ginocchia (3/6 6/3 7/6 6/2), evidenziando il serbatoio vuoto.
La domenica, con uno Stefanos Tsitsipas a mille per almeno due ore, era una remuntada (6/7 2/6 6/3 6/2 6/4) che aggiungeva fieno alla mitologia di Nole.
Diabolica, con la pausa rituale negli spogliatoi, e la sensazione che quelli là, i giovani, affrontandolo, smarriscano lucidità e certezze.
Robonole versus Pampers Gen pare un no contest.

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Wimbledon, malgrado la settimana di riposo in meno (cortesia del calendario olimpico), è stato il major più facile (dei tre) per Djokovic.
Un seeding semplice, condizioni favorevoli (terba pura..) e il buco nero di specialisti erbivori.
Un Nole in gestione, di sicuro non al cento per cento (quel diritto che scentrava spesso..), si è dovuto spendere soprattutto nei due parziali d’avvio della semi contro Denis Shapovalov.
Che costringeva il serbo alla difesa, attiva, sciorinando tennis di (alta) qualità: ma – come spesso accade – Djokovic capitalizzava (7/6 7/5 7/5) tutti gli errori dell’altro.
Non che la finalissima, opposto a Berrettini, esigesse uno screenplay differente: anche sotto di un set, quello d’apertura, il numero uno dava comunque l’impressione di controllare l’inerzia (del match).
Vincere (6/7 6/4 6/4 6/3) inserendo il pilota automatico, centellinando il suo gioco percentuale.
Dieci anni orsono, definimmo Djokovic l’utilizzatore finale dell’omologazione (figlia del Fedal): a Flushing Meadows, l’epitome, l’apologia, di quel concetto?

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Perché se, in questo scorcio di secolo (e oltre), si fatica a trovare un giocatore più qualitativo di Federer e quantitativo di Nadal, Robonole – all’incrocio delle due assi, spostato di più verso il maiorchino – è la sintesi (la massima espressione) del tennis percentuale moderno.
Quattro angoli aperti, da dietro, l’anticipo alla risposta, gli spostamenti laterali (con quella scivolata che è il suo marchio di fabbrica evolutivo).
La lettura perfetta delle fasi dell’incontro, la diagonale di rovescio che si sfoga in lungolinea, le variazioni (aggiunte nel corso degli anni) e una fisicità aliena.
Nole si nutre dello scambio prolungato, del (singolo) colpo che ribalta in un vincente una difesa ferocissima, dello schema che produce unforced errors dell’avversario.
La battuta, cresciuta esponenzialmente rispetto agli anni (mediocri) della cura Todd Martin, è di lignaggio assoluto: prima e seconda.
Piazza, imposta e – quando occorre: si chiama classe – serve aces.
Un’idea cinica, intelligentissima, produttiva (irripetibile nella carne, ma replicabile a livello industriale fino alla noia) del gioco.

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Che ha abolito – procterianamente – le stagioni e le superfici (estreme).
La vecchia erba, il rosso palude, il sintetico.
Modificato le regole d’ingaggio negli Slam con le 32 teste di serie e i bye ai big in quelli che oggi sono i 1000.
Scoraggiato un tennis specialistico, pallettaro o d’attacco, uniformando stili e tecniche con il surplus (letale o benedetto) delle luxilon.
Così, i numeri dei fenomeni si gonfiano impazziti.
Date a Ivan Lendl l’erba battuta, togliete a Pete Sampras il Super Saturday.
Mettete in mano le monofilamento ad Andreino Agassi, immaginatevi Bjorn Borg sul Plexicushion.

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A Wimby appena terminata, sostenemmo che Nole avrebbe mancato il Grande Slam, se lo mancherà, in Giappone.
L’impegno di troppo, nel calendario studiato (bene) da Djokovic, sono stati i Giochi Olimpici.
Il fuso orario, il Deco Turf tosto, la canicola, una schedule (televisiva) sadica.
Come un deja vu, la semi contro Sasha Zverev rinnovava la sua maledizione olimpica.
Partiva forte poi, avanti un set e un break, veniva ribaltato dal biondo (1/6 6/3 6/1).
Che è l’archetipo dell’atletone con racchetta (difesa orizzontale reattiva, servizio devastante, power tennis senza fronzoli) che smonta questo Nole trentaquattrenne.
Lo si vide pure agli Aussie Open, nel quarto comunque vinto: opposto alla palla pesante di Zverev, Djokovic non gioca più.
Al di là del solito Federer, delle mille variazioni che nell’ATP odierna non sembrano più replicabili, il tedesco fa a Novak (a suo modo) quello che combinava Stan Wawrinka all’apice.
Che lo buttava fuori baricentro, togliendogli il controllo dell’incontro: non dipende (va) più da lui, ma dall’altro.

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Il piano di Nole è (era) quello giusto.
La prima settimana, senza gare da Tokyo, potrebbe fornire l’allenamento agonistico per la seconda.
Il sorteggio, come capita (spesso), farà la differenza: non è (più) tempo di turni spossanti, uno dietro l’altro.
Evitare fino al venerdì finale gli Zverev, Stefanos Tsitsipas, Daniil Medvedev, servirà a lenire la pressione (spaventosa) dell’evento.
Djokovic ha la testa e l’ego per reggere lo stress, a patto che disponga – anche contro un outsider in serata – del flusso del match.
Curioso che uno con quella lucidità tattica e agonistica, un calcolatore raffinato, a volte impazzisca come nella partita olimpica (per il bronzo) con Carreno Busta.
Robonole che si trasforma in Hal 9000.

9

E’ questo il miglior Djokovic?
No, he, niet.
Sono peggio gli avversari.
Il Nole che ammirammo nel 2011, fino all’All England Club, fu un manifesto del tennis orizzontale: era (quasi) ingiocabile con queste regole d’ingaggio.
A quelle vette, sul tramonto del 2015 e all’alba del ’16: la tournée asiatica (a Pechino concesse 18 game in 5 contese..), l’indoor europeo e tra Doha e l’Australia.
Il Djokovic che a Wimbledon 2014 batté Federer (6/7 6/4 7/6 5/7 6/4), in una delle finali Slam più belle del nuovo secolo, il Nole ’21 (che un po’ steccava, sulla sua destra, opposto al Berretta..) se lo mangierebbe a colazione.
Chissà cosa succederà, se il 12 settembre il serbo dovesse alzare pure la coppa degli US Open: noi tifiamo per una scelta perentoria alla Flavia Pennetta.
Salutare con la manina, in cima al Monte Everest senza bombola d’ossigeno e sherpa, per distinguersi – sul serio – dai due rivali eterni.
La sensazione che i tre siano battuti da Crono, dall’esaurirsi delle risorse psicofisiche per i chilometri percorsi, ma non dalla concorrenza giovane, è già abbastanza deprimente.
Tanto, comunque vada, il concetto base è che, con l’omologazione e lo standard calante, basterebbe uno Zverev o uno Jannick Sinner nell’anno della vita, un 1988 di Mats Wilander, per eguagliare il Rod Laver 1969.

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Questa è una (piccola) Nolepedia, un bignami pratico del Djoker.
20 partite, molti trionfi, qualche sconfitta, che lo illustrano al meglio.

2006  Monte Carlo  R64  vs R.Federer 3/6 6/2 3/6
Il prologo a una storia infinita. C’erano già – in nuce – tutti i temi tattici e agonistici della vicenda. Gran bel match, della classica moderna più interessante di tutte.
2008  Indian Wells  SF  vs R.Nadal  6/3 6/2
L’altra rivalidad, quella più feroce e monodica. Nel deserto, per la prima volta, il serbo chiarisce il suo primato (tecnico) sul cemento rispetto al minotauro.
2008  ATP Finals  RR  vs N.Davydenko  7/6 0/6 7/5
Festival dell’anticipo e del ritmo (folle) in quel di Shanghai.
2009  Melbourne  QF  vs A.Roddick  7/6 4/6 2/6 1/2 ritiro
Contro il power tennis più rude del circuito, non va benissimo: Roddick accuserà Nole di aver simulato l’indisposizione (un colpo di calore). Storie tese.
2009  Madrid  SF  vs  R.Nadal 6/3 6/7 6/7
Una spaventosa dimostrazione (la massima) di robotennis su terra. Due cyberatleti che si ammazzano (..) di tennis orizzontale per più di quattro ore. La nuova specie.
2011  Miami  F  vs R.Nadal  4/6 6/3 7/6
Djokovic nel suo 2011, allo zenit, contro un Rafa centratissimo. Instant classic.
2011  Roma  SF  vs A.Murray  6/1 3/6 7/6
Opposto al gemello diverso Muzza. Alto lignaggio: al solito, quando c’è da chiudere, decide Nole.
2011  Roland Garros  SF  vs R.Federer  6/7 3/6 6/3 6/7
Contende a quel Sampras-Agassi (US Open 2001) la palma dell’incontro del secolo. Pare giocata sulla luna. Apice tecnico sul rosso di entrambi.
2012  Melbourne  F  vs  R.Nadal  5/7 6/4 6/2 6/7 7/5
Una maratona (bestiale) di quasi sei ore. A clavate e rally senza fine. Gli organizzatori, dopo l’esibizione, velocizzeranno il Plexicushion per evitare siffatte repliche..
2013  Melbourne  R16  vs S.Wawrinka  1/6 7/5 6/4 6/7 12/10
Epico quarto turno down under che annuncia le difficoltà future, tre su cinque, del nostro contro le pallate da fondo di Stanimal.

2013  Roland Garros  SF  vs R.Nadal  4/6 6/3 1/6 7/6 7/9
Quattro set piedi nel campo, con l’altro a difendere l’impossibile: nella mistica di Nadal a Parigi c’è soprattutto quello smash (invasione) di Djokovic a un passo dallo scalpo.
2014  Wimbledon  F  vs R.Federer  6/7 6/4 7/6 5/7 6/4
Bellissima. Fase centrale con un Nole perfetto, la ribellione di Roger porta a un quinto set tesissimo.
2014  Pechino  F  vs  T.Berdych 6/0 6/2
Stratosfera indoor del serbo in una finale 1000. I primi 11 game di Robonole sembrano giocati alla playstation.
2015  Roland Garros  F  vs S.Wawrinka  6/4 4/6 3/6 4/6
Persino l’indiscusso numero uno dell’evo può beccare la pagliuzza corta. Wawrinka lo sommerge di vincenti (sessanta!) e bordate violentissime.
2016  Melbourne  R16  vs G.Simon  6/3 6/7 6/4 4/6 6/3
Vincere di quantità, giocando una partita invedibile: 100 unforced errors! I major sono anche questo.
2016  Melbourne  SF  vs R.Federer  6/1 6/2 3/6 6/3
I due parziali d’avvio di Djokovic sono fotonici. Insostenibile – per il Re – la diagonale sul rovescio: mai visto Federer così a disagio.
2016  Rio de Janeiro  R64  vs J.M.Del Potro  6/7 6/7
La conferma della maledizione olimpica contro l’argentino. Che lo sovrasta di serve and forehand.
2019  Roma  QF  vs  J.M.Del Potro  4/6 7/6 6/4
Una serata speciale. Le catenate di Del Po e il tennis percentuale di Nole: uno spettacolo.
2019  Wimbledon  F  vs R.Federer  7/6 1/6 7/6 4/6 13/12
Iconico O.K. Corral tra i due. Nole, guastafeste nato, si impone in uno psicodramma (collettivo) con l’altro che – divinità umana – lo maltratta per larghi tratti del match.
2021  Roland Garros  SF  vs R.Nadal  3/6 6/3 7/6 6/2
La rincorsa sul mattonato finisce qui. Djokovic sfinisce Nadal sul suo terreno (e nel suo regno). Terzo set intensissimo. Quarto, se paragonato a Madrid 2009, da Senior Tour.