IL CANTO RUMOROSO DELLA NEVE SALATA

Zibaldone dello sci alpino, appunti presi a mano su un taccuino volante, di un’annata un po’ dannata.

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Finali di Saalbach, che nel 2025 ospiterà i Mondiali.
Si scia sulla granita, e non è colpa di nessuno se piove, ma la pista di gigante degli uomini è insulsa.
2 chilometri, piatta, 400 metri di dislivello, 60 porte.
Un minuto e 17 secondi, infinita, brutta, un pessimo spettacolo.
Al terzo (quarto) pettorale, gli atleti sono già nel sapone.
Quando spunta il sole, le Alpi come i Tropici, è pure peggio.
Alla FIS contano i soldi, il resto non pare interessare.
La Schneekristall-Zwolfer dei cavalieri è il manifesto della stagione 2023-2024.
Appassionante, un mezzo disastro.

2

4 febbraio 2024.
Cento anni di FIS a Chamonix, laddove cominciò tutto.
Alle 13, la seconda manche dello slalom, ci sono 11 gradi all’ombra.
La Verte des Houches, facile, senza muri, una riga bianca in mezzo all’erba e alle case di montagna.
Se alla mattina il manto regge, col sole la neve (morta) diventa acqua.
Il trentesimo, il primo a scendere, Daniel Yule, vince la lotteria.
La domanda senza risposta, che va oltre la gestione dilettantesca, ci inquieta: per quanti anni riusciremo a vedere – ancora – questa Coppa del Mondo?

3

Eravamo stupiti, in autunno, leggendo delle 90 (!) competizioni in programma, approfittando di una stagione senza eventi internazionali.
Un calendario demenziale.
Troppe gare, senza il riposo necessario, se si corrono almeno tre specialità.
In fondo (..), la FIS è la stessa che ha affondato lo sci nordico.
Il biathlon ancora ringrazia.

4

Le tendenze climatiche, non il meteo (che sul singolo caso è solo statistica), sono acclarate da tempo.
Le Alpi non hanno avuto l’inverno: un mese e mezzo di anticiclone subtropicale è significato inversioni termiche, in quota, eccezionali.
3 gradi sopra la media ai 1500 metri d’altitudine, un’anomalia termica (mostruosa) parallela ai geopotenziali ai 5000 (ancora più impressionanti).
Torneremo ad avere qualche inverno, in futuro, magari ci penserà la Corrente del Golfo, ma la direzione (drammatica per l’impatto ambientale) è quella.
La progressione, sulla catena alpina, comincia forse nel 1994 (aumento dello zero termico), accelera nella storica estate 2003, si consolida come realtà dal 2013.

5

Neve bagnata, trattata, sulla (classica) Podkoren, soprattutto la domenica dei pali stretti.
Si scia nelle vasche, nelle buche, a ogni cambio di direzione.
Kranjska Gora, porta delle Alpi slovene, è bassa (l’arrivo è agli 836 metri), ma non occorre Nostradamus per comprendere le dinamiche dello sci alpino.
Uno sport a rischio estinzione, se non accadrà qualcosa, dal punto di vista macroclimatico.
Ai primi di gennaio si scia come a fine marzo negli anni Novanta.
16 tappe cancellate.

6

Nel weekend di Garmisch, che precede i giorni della Merla, gli uomini si esibiscono in un panorama primaverile.
Dieci anni fa si parlava di una riforma dei calendari e dei format e la FIS non ha cambiato nulla.
La velocità è sempre più difficile da organizzare (a regola d’arte): sicurezza, dislivello, manto nevoso.
Si raccontava di una nuova formula, come fu l’introduzione del SuperG nel 1981, ovvero la discesa sprint.
Strutturata su due manche, corta, adrenalinica.
Andrebbe ridiscussa anche la preparazione delle piste, troppo lisce, che coi 2 e 20 pretendono troppo dalla muscolatura (tendini, ossa) del velocista (gigantista, sciatore evoluto).
Il resto non sarebbe mancia.
Sfruttare il Sudamerica, l’Oceania, di più il Nord America, darebbe più respiro alla Coppa.
Le grandi classiche dovrebbero valere di più, rispetto alle tappe senza tradizione.
Il sabato della Streif c’erano più di 60000 spettatori là, nel tempio.
Per comprendere ancora meglio cosa significhi Kitz, non solo per gli austriaci, il 75 per cento di share di ORF spiega tante cose.
Come possa la Streif (o la Gran Risa, la Planai, la Superstar..) assegnare gli stessi punti di un parallelo (sigh) è un mistero.
Lo sciatore evoluto poi è oggi troppo favorito da questo trend (tracciature, materiali).
I disegni dei giganti hanno passaggi (veloci) da supergigante.
E per ridare spazio agli slalomisti, poiché lo speciale sarà sempre più presente (per forza di cose..), basterebbe ristrutturare la cara vecchia combinata.
Base e tradizione (secolare) dello sci alpino, lasciata morire dalla FIS.

7

Il sabato della Befana, Marco Odermatt scia sulla Chuenisbargli come non avesse sci da gigante ai piedi.
Il muro di Adelboden passato con linee impossibili (per gli altri).
Una manche, la seconda, iconica quanto quella di Ted Ligety, sul Rettenbach all’apertura del 2012-2013.
Per il combinato di potenza, reattività, traiettorie solo sue, correzione immediata dell’errore tecnico, Odermatt è la prosecuzione di Hermann Maier.
Che, prima dell’incidente motociclistico del 2001, stava dominando il circuito da sciatore evoluto.
Il primo, stradominante.
E che, a quel ritmo di successi, avrebbe avvicinato il primato di Ingemar Stenmark.
I paragoni con l’elvetico più grande di sempre, Pirmin Zurbriggen, reggono con tre asterischi.
Pirmin vinceva le libere, era competitivo negli slalom e aveva grandi avversari.
Generazionalmente, basterebbe citare Marc Girardelli.

8

La coppona è stata in palio, almeno nei punteggi, finché quell’acrobata di Marco Schwarz (l’ultimo moicano polivalente) è stato della partita.
L’infortunio del carinziano, crociato e menisco del ginocchio destro rotti sulla Stelvio, non ha inficiato quanto quelli (fondamentali) di Mikaela Shiffrin e delle altre (Petra Vlhova e Sofia Goggia su tutte) nella overall delle dame.
Ma le sfortune hanno indicato, meglio, i problemi del Circo Bianco contemporaneo.
I cinque giorni consecutivi scendendo il Lauberhorn, l’esempio massimo.
Una scemenza, percorrere quella pista con questi sci ultraperformanti, per quasi una settimana.
Vedere Alexis Pinturault e Aleksander Aamodt Kilde, due assi, frantumarsi come cristalli – il norvegese rischia la (fine della) carriera – è stato impressionante.
Al pari di altri colleghi – un Vincent Kriechmayr, mica pizza e fichi – che, dalla metà in giù, stravolti dalla fatica (e dallo stress) si sono rialzati per non rischiare la pelle.

9

Nel SuperG del venerdì, a Wengen, s-Kernen da sballo – alla Bode Miller – di Cyprien Sarrazin.
Che scia (iper) aggressivo, fa il gigantista a 130 orari.
Il cambio generazionale, col ritiro di Beat Feuz, Matthias Mayer, Johan Clarey, nel velocismo, è stato netto, quasi traumatico.
Il francese, a 30 anni, ha trovato la quadra.
E’ sempre stato talentuoso, fece podio in Val Badia, ma scriteriato (matto), con qualche problema fisico (la schiena, le ginocchia così così), persino per la libera.
Molto più di Kilde, con gli sci lunghi (Rossignol, la marca più rampante di quest’anno) è l’antiodermatt.

10

A proposito di Rossignol (che col solfato d’ammonio brillano): in una stagione partita – male – con le polemiche sull’uso (negato) del fluoro (che sul sale servirebbe).
Loic Meillard, la sua azione ritmica, sciolta, decontratta, di un campione all’ombra del totem Odermatt.
Con la maturità trovata dall’ex cavallo pazzo Manuel Feller e il declino rumoroso di Henrik Kristoffersen, una delle realtà più solide delle specialità tecniche.
Che aspettano il ritorno del figliol prodigo Lucas Braathen.
Un anno di vacanza – un ritiro finto come le news di Russia Today – per tornare a gareggiare col Brasile.
Portandosi dietro sponsor e buzz, perché il norvegese di Copacabana, classe 2000, potrebbe spostare (mediaticamente e non solo).
Una nazione (esotica per gli sport invernali) di oltre 200 milioni, lui un personaggio e un (super) talento.
CIO e FIS (e Atomic) stappano lo champagne, quello buono.

11

Come per il Lauberhorn per i cavalieri, sulle Tofane le dame trovano condizioni particolari.
A Jasna si era sciato sul vetro, sul ghiaccio verde, a Cortina sulla neve aggressiva.
Qualcuno, per la tivù, pensa di esasperare i dossi.
Un giorno di prove viene cancellato dal vento.
In tre dì tre, casca il mondo: tutte giù per terra.
Osservare Mikaela Shiffrin sulle uova, incerta, centrare le reti, fa capire il problema.
Se la caverà (?) con uno stiramento al legamento collaterale del ginocchio sinistro.
Corinne Suter, legamento crociato anteriore e lesione del menisco interno del ginocchio sinistro.
Michelle Gisin, contusione alla gamba destra.
Joanna Haehlen, legamento crociato anteriore del ginocchio destro.
Valérie Grenier, spalla sinistra, ginocchio sinistro, lesione del crociato mediale e parziale del collaterale mediale.
Nessuno domanda di quelle scelte tecniche, essendo un piccolo mondo antico, ad Alberto Senigagliesi.

12

Lara Gut-Behrami a Plan de Corones, nel gigante, domina prima e seconda manche sull’Erta.
Nei tagli intraversa, come solo lei, leggendo perfettamente il pendio.
Sui dossi, nei cambi, è un genio.
Vince la coppona orfana di Shiffrin, andandosela a prendere, da fuoriclasse.
Una delle più grandi campionesse elvetiche di sempre, una carriera infinita: era il 2008 quando, col numero 32, rotolò terza sul traguardo della discesa di Sankt Moritz.
Aveva 16 anni e mezzo.
Come sottolineato dal saggio Zurbriggen, Gut è una Michela Figini al cubo.
Lara non riesce a essere diplomatica nelle dichiarazioni, non fa gruppo con le compagne.
Non sarà mai amata come Vreni Schneider o Erika Hess.
Il divorzio (definito “brutale” dalla stampa svizzera) dal mentore Alejo Hervas, il suo preparatore, licenziato in tronco dopo aver saputo che lo spagnolo ha accettato la corte di Swiss-Ski per Odermatt, spiega il caratterino della ticinese.

13

Are, alle pendici del Monte Areskutan, Mikaela Shiffrin rientra dopo 44 giorni dalla caduta a Cortina.
Alla mattina scende bene, sull’Olympia, ma controlla.
2 centesimi appena su Michelle Gisin, 11 su Zrinka Ljutic.
La seconda manche, tracciato aritmico di Livio Magoni, si dice per metterla in difficoltà.
Dopo la tripla, l’americana pare aprire il gas coi suoi Atomic.
Un altro livello, superiore, imparagonabile al passato e al presente dello sci alpino.
Gli 11 centesimi di Ljutic, da 16 diventano 86, il finale di Mika sembra su una pista differente (più inclinata..) rispetto al piattone svedese.
La velocità di uscita dal palo, in alcune sequenze, è quella di un’aliena.
1″24 di vantaggio.
96 (saranno 97 alle Finali) wins and counting.

“Mikaela mi colpì subito, quando a 15 anni cominciò ad allenarsi in Nazionale.
Aveva una tecnica perfetta, una marcia in più, e mi dava già 2 secondi in slalom.”
(Julia Mancuso)

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Stendendosi, e recuperando in un attimo come un gatto, in entrambe le prove, a Saalbach Federica Brignone infiocchetta una Coppa da urlo.
Maga della piega (motociclistica..), a 33 anni, dimostra di essere la numero uno sulla neve salata.
Come e più delle norvegesi e della americane, la kryptonite delle Sara Hector, quelle condizioni esaltano la sua sciata (carving) e conduzione (estrema) della curva.

15

Marta Bassino è parsa Marta Bassino in alcuni settori tra Soelden e Killington, poi si è eclissata.
A Jasna, sul ghiaccio vivo (meno 14 gradi), la scena madre di una stagione fin lì deprimente, difficile.
Col materiale sbagliato, terrorizzata dagli appoggi mediocri, scende come una bambina.
A 8 secondi dalla Hector.
Un momento quasi drammatico per una campionessa.
Crans Montana, un mese dopo, il venerdì si disputa una discesina (..).
Le atlete arrivano quattro porte prima dello striscione: FIS e dadaismo.
Perché la neve, sotto, non c’era.
Il sabadì la aggiustano.
Bassino, col 3 di pettorale, interpreta le curve filanti coi piedi più intelligenti del circuito.
Una Anita Wachter nata a Cuneo.
Con gli sci giusti, curva in un’unica soluzione, eseguendo la linea migliore: pitturandola.
Bassino, considerando l’età di Brignone e Goggia, è necessaria per collegare questa valanga rosa – prossima alla fine – alla generazione che verrà.
Il testimone, da Cortina 2026, lo porterà la cuneese.

16

Vernice in top ten a Schruns, nello speciale, per Lara Colturi da Torino, 17 anni, Albania.
Quer pasticciaccio brutto della FISI con babbo Alessandro e mamma Daniela, dove tutte e due le parti hanno ragione, potrebbe diventare il nostro (piccolo) caso Girardelli.
Emma Aicher, che prova la polivalenza disputando tutte le discipline, senza partire dal riferimento tecnico di Shiffrin e Vlhova (i rapid gates), è uno dei prospetti più interessanti della Coppa che verrà.
Idem con patate per la promettentissima lettone Dzenifera Germane: slalomista potente ed elegante.
E’ già arrivata Zrinka Ljutic (una 2004), che scia come Dio comanda.
Centralità d’azione, il bacino sempre a valle, proattiva.
Una stella – una campionessa – in divenire.
Rispetto alla grande Janica Kostelic, la più forte croata della storia, più agilità e meno massa.
E’ un evo diverso rispetto agli anni Zero (Novanta), per fortuna.

17

La coppetta di discesa a Cornelia Huetter, al termine di una libera zeppa di colpi di scena, ripaga l’austriaca delle tante sfortune.
Potenzialmente Corny, che non è una scivolatrice pura come le sue compagne, era (è) fortissima.
Un altro discorso è vedere quei (soli) 397 punti ottenuti, con Gut-Behrami al dessert nell’ultima gara (diciassettesima su 20), otto vincitrici diverse in stagione, e pensare all’ennesimo incidente della Goggia (a 350 punti con tre gare in meno).
Che continua a essere la Goggia, e tornerà di sicuro: quando ti infortuni da giovanissima, e il primo crociato rotto della bergamasca – il legamento del ginocchio destro – fu nel 2009, si continua pure nella maturità.
Amarcord, Schladming 2013, quando Goggia fu portata senza avere disputato un SuperG in Coppa, chiuse quarta a 5 centesimi dal bronzo col numero 33, e mostrò istinti da velocista doc.
Undici anni di trionfi e cadute, 24 successi nel Circo Bianco e 12 fratture.

18

Hotel Kitzhof, ricevimento regionale per presentare Kitzbuhel, Matthias Mayer – bicchiere di vino in mano – sale in piedi sul tavolo.
Viene portato via, fuori di senno, dagli agenti.
Si era ritirato, a Bormio, un anno fa, alla chetichella.
L’alcolismo è un problema serio della nostra società, che riguarda tante persone e famiglie, miniaturizzato per convenienza (economica) e mentalità.
Nello sci e nello sport si fa troppe volte “Un altro giro”, per citare (un film di) Thomas Vinterberg.
Non fanno ridere, nemmeno allegria.

19

Meno di due anni a Milano-Cortina 2026.
Una soap opera di cattivo gusto, con una parentopoli così cialtrona, vetrina culturale (..) del familismo amorale che è il prodotto numero uno del Made In Italy.
Ventidue mesi per ingraziarsi le divinità e trovare uno stellone robusto.
Nel Chiagni e fotti organizzativo, le strutture ancora da costruire, lo spacchettamento dello sci alpino – gli uomini a Bormio, le donne a Cortina – è inspiegabile.
Meno di due anni a Milano-Cortina 2026 e la luce in fondo alla galleria non è quella del sole.

20

Inevitabile, come una coda a fine Pasqua sulla A4, la classifica delle marche degli sci.
Che, in alcuni casi, sono più decisivi della pellaccia e dei piedi dei nostri eroi ed eroine.
A la santé.

Primi Posti.
1° Rossignol 18 / 2° Atomic 17 / 3° Head 16
4° Stoeckli 13 / 5° Fischer 3 / 6° Salomon, Kaestle 2 / 8° Nordica, Van Deer 1
Secondi Posti.
1° Head 21 / 2° Rossignol 20 / 3° Atomic 15
4° Salomon 5 / 5° Fischer 4 / 6° Stoeckli 3 / 7° Van Deer, Dynastar, Kaestle 2 / 10° Voelki 1
Terzi Posti.
1° Head 19 / 2° Atomic 17 / 3° Rossignol 15
4° Salomon, Stoeckli, Fischer 4 / 7° Van Deer, Nordica, Dynastar 3 / 10° Blizzard, Voekli, Kaestle 1